Pochi ci seguono, alcuni ci controllano

Scritto da Alberto Cassani martedì 4 gennaio 2011 
Archiviato in Quelli che scrivono...

Scrivendo di cinema soprattutto su internet, alle volte mi chiedo quanti lettori io davvero abbia. Che tipo di lettori abbia. E quanto io possa davvero influenzare le loro abitudini cinematografiche, quanta considerazione io abbia ai loro occhi. Il mio amico Mattia Nicoletti ama ripetere «nel mio piccolo, quando scrivo una recensione sposto dei soldi.» Ma lui scrive su Metro, per cui avendo un pubblico molto più vasto è più facile che trovi qualcuno che si lascia davvero guidare dalle sue recensioni. Su internet, invece, la maggior parte dei lettori sono occasionali, e nella maggior parte delle occasioni visitano un sito di cinema dopo aver visto un film, per cercare conferma delle proprie impressioni o chiavi di lettura diverse rispetto a quelle trovate autonomamente. Detto in soldoni, sono convinto che la capacità della critica on-line di influenzare il pubblico sia nulla. Tutta la critica on-line, non sono quella di CineFile. E anche quella cartacea, ormai, ha perso quasi totalmente questa sua capacità, sepolta da montagne di articoli di costume, editoriali pubblicitari mascherati più o meno bene e quintali di recensione buoniste. Eppure, non tutti la pensano così, soprattutto  all’interno dell’industria cinematografica italiana.

Se un quotidiano nazionale o una rivista ad ampia tiratura dovesse pubblicare una recensione negativa di un film italiano o comunque di un film importante, non è difficile immaginare le telefonate di registi e distributori arrabbiati che arriverebbero in redazione. Peggio ancora se per il film in questione si sono acquistati spazi pubblicitari su quella stessa pubblicazione, come se acquistare uno spazio pubblicitario rendesse il resto del giornale zona franca. Ma questa concezione è colpa dei giornalisti, che hanno permesso nascesse…

Nel corso dell’anno appena concluso, mi sono personalmente imbattuto in due situazioni abbastanza nebulose ma in realtà chiarissime nell’indicare come certe persone diano ancora grande peso a ciò che scrivono i critici cinematografici. Anzi: abbiano paura di ciò che scrivono i critici cinematografici, e non si perdano neanche una riga di ciò che scrivono.

All’inizio di maggio 2010, pubblicai su CineFile la recensione (negativa ma non completamente) scritta da Alessandro Barbero di Le ultime 56 ore di Claudio Fragasso. Nei giorni successivi all’uscita del film arrivano sul sito diversi commenti di utenti mai visti prima che difendono la pellicola a spada tratta, accusando il distributore di non averla sostenuta come avrebbe meritato. Io sono in Francia e non faccio molto caso alla discussione, ma noto come alcuni lettori dicano di essere addetti ai lavori. La discussione va avanti con post chilometrici per quasi due settimane, poi io torno a casa e bacchetto un utente che per difendere il film insulta gli altri. Mi faccio prendere e mi metto ad analizzare i dati del box-office e quelli delle sale che hanno proiettato il film con un altro lettore, bene informato sulla questione. Mi risponde un altro lettore ancora, che prima definisce me e Alessandro dei “professori” (tra virgolette) e poi dice di essere un critico “da secoli”. Si firma “Tullio”, ma Kezich è morto da quasi un anno. Al che, faccio quello che avrei dovuto fare al secondo giorno di discussione: vado a controllare gli indirizzi IP dei commentatori.

Stavo per rispondere seriamente al “collega” Tullio, poi mi sono accorto che scrive dallo stesso indirizzo IP di Manlio. Allora ho controllato gli altri che sono intervenuti, e vedo che anche Cristina scrive dallo stesso IP. E pure Roberto. Mi scuso di non essermene accorto prima, ma il fatto che fossero stati inseriti degli indirizzi di posta diversi mi aveva tratto in inganno.
In pratica, a parte Mirko che aveva iniziato la discussione ed Emerico, tutti gli altri pareri positivi appartengono alla stessa persona. Che, per voce di tutti i suoi alias, è un addetto ai lavori. Fate un po’ voi i calcoli…

Bisogna poi aggiungere che Emerico di cognome fa Laccetti, ed oltre ad essere un ex militare che nei Balcani è stato esposto all’uranio impoverito ha anche avuto una piccola parte nel film…

Update 2015 – Me ne accorgo solo adesso, ma presumibilmente è successo da un po’. Su CineFile come su moltissimi altri siti, l’avatar grafico da associare a un commento dipende dall’indirizzo e-mail inserito dall’utente. Questo indirizzo viene cercato automaticamente nei database di alcune community online e, in caso ci sia una corrispondenza, viene associato all’avatar prestabilito dall’utente stesso. In pratica, se vi iscrivete su un sito con un indirizzo mail e poi commentate su CineFile usando lo stesso indirizzo, molto probabilmente vedrete la stessa foto. All’epoca della discussione, nel 2010, tutti i commentatori finti avevano un avatar neutro mentre ora mi sono accorto che “Cristina” ha la foto di una donna. Cercando la foto su Google Immagini si scopre che è la stessa usata nel blog di Rossella Drudi, sceneggiatrice del film.

La seconda esperienza personale (che in realtà si divide in due parti) riguarda invece siti importanti che possono essere grande cassa di risonanza per personaggi e pellicole. Internet Movie Database pubblica un elenco di recensioni per ogni film in database, a prescindere che le recensioni siano professionali o meno, e soprattutto positive o meno. Molte delle recensioni di CineFile sono segnalate su IMDb, non perché siamo fighi ma semplicemente perché segnalo io i link: l’aggiunta e il taglio di link esterni è praticamente libero, viene processato automaticamente senza controllo umano. Tra le nostre recensioni segnalate, comunque, ci sono le due stroncature che ho scritto per Aprimi il cuore e A Woman di Giada Colagrande. Il 15 ottobre 2010 la lista delle recensione di Aprimi il cuore era questa:

Quattro giorni dopo diventa così:

Il giorno dopo, 20 ottobre, reinserisco la mia recensione, e la lista diventa questa:

Dopo un paio di mesi di calma, alla fine dell’anno ecco cosa succede:

Lo stesso è successo con A Woman. Ecco le due immagini: la prima risale al 19 ottobre, la seconda al 30 dicembre 2010:


Ora ho reinserito nuovamente le mia recensioni, sicuramente saranno on-line quando leggerete questo articolo. A meno che nel frattempo qualche “anonimo” utente non le abbia fatta togliere di nuovo…

La ragione di queste modifiche è ancora più evidente nella pagina di Wikipedia italiana dedicata al primo film della Colagrande, Aprimi il cuore. Il capitolo dedicato alla rassegna stampa inizialmente era di una sola riga:

Il dizionario Morandini assegna al film due stelle su cinque di giudizio e lo definisce «trasgressivo alla Breillat».

Dopo il mio intervento del 19 ottobre 2010 (stimolato dall’affaire IMDb, e sfruttando anche i link segnalati di là), era diventata così:

  • Il dizionario Morandini assegna al film due stelle su cinque di giudizio e lo definisce «trasgressivo alla Breillat», indicando il suo minimalismo narrativo come di maniera ancorché ambizioso e aspicando un miglioramento nel secondo film della regista abruzzese.
  • Paolo D’Agostini su Repubblica scrive che «le ambizioni sono tante, ma il loro governo ancora non c’è», e pur augurandosi che il talento della regista possa sbocciare in futuro, conclude con «per ora solo spine».
  • FilmTv lo definisce «Un film che tenta con forza di filmare l’infilmabile e che si dà una forma pittorica nell’illusione di fermare, con la sintesi, gli attimi, l’amore, e ciò che da esso può partorire».
  • Anita Gates sul New York Times lo definisce «uno sconcertante dramma d’atmosfera», concludendo che il film «ha qualcosa da dire e riesce a creare una fascinazione claustrofobica, ma non riesce a centrare il cuore del discorso».
  • In generale, nell’aggregatore di recensioni Metacritic il film ha un punteggio di 27/100, mentre su Rotten Tomatoes tutte e sei le recensioni riportate sono negative.

A fine mese un utente anonimo cancella tutta la parte dedicata alla rassegna stampa, che io ho prontamente ripristinato. Il 14 dicembre, però, un altro utente anonimo effettua diverse modifiche e la lascia in queste condizioni:

  • Il dizionario Morandini definisce il film «trasgressivo alla Breillat», indicando il suo minimalismo narrativo come di maniera ancorché ambizioso.
  • Maurizio Porro sul Corriere della Sera scrive che «Giada Colagrande ha voglia di assoluto, un talentaccio naïf grottesco noir, vuole stupire col morboso ma comunica un sentimento recalcitrante di fragilità ed energia, di santa e di puttana, in equilibrio delicato tra Genet e Tennessee Williams con i volti di attori giusti (lei, Botosso, la Cristiani), e conclude con l’ autrice tenta di filmare l’ invisibile, piace la sua voglia di eccedere, così diversa dal nostro cinema carino».
  • Su Repubblica Gian Luca Favetto scrive «Una coraggiosa opera prima, girata in digitale fra gli amici. Non sembra nemmeno italiana. Alla base c’ è una buona idea; attorno, pochi soldi; dentro, tanta voglia di raccontare, un ottimo innesto di sacro nel profano e nessuna carineria».
  • Anita Gates sul New York Times lo definisce «uno sconcertante dramma d’atmosfera», concludendo che il film «ha qualcosa da dire e riesce a creare una fascinazione claustrofobica».
  • Deborah Young su Variety scrive «A strongly narrated tale about obsessive love between two sisters, Open My Heart by young documaker Giada Colagrande starts as a quasi-voyeuristic look at forbidden passion, then slowly turns to a very Italian film noir».

Al che, qualche ora dopo, io recupero la mia versione precedente e la unisco a quella nuova. Per rendervi più facile il confronto e rendere più evidenti le ragioni delle modifiche anonime, metto in azzurro le parti tagliate nella versione dell’anonimo:

  • Il dizionario Morandini assegna al film due stelle su cinque di giudizio e lo definisce «trasgressivo alla Breillat», indicando il suo minimalismo narrativo come di maniera ancorché ambizioso e aspicando un miglioramento nel secondo film della regista abruzzese.
  • Paolo D’Agostini su Repubblica scrive che «le ambizioni sono tante, ma il loro governo ancora non c’è», e pur augurandosi che il talento della regista possa sbocciare in futuro, conclude con «per ora solo spine».
  • Maurizio Porro sul Corriere della Sera scrive che «Giada Colagrande ha voglia di assoluto, un talentaccio naïf grottesco noir, vuole stupire col morboso ma comunica un sentimento recalcitrante di fragilità ed energia, di santa e di puttana, in equilibrio delicato tra Genet e Tennessee Williams con i volti di attori giusti (lei, Botosso, la Cristiani), e conclude con l’ autrice tenta di filmare l’ invisibile, piace la sua voglia di eccedere, così diversa dal nostro cinema carino».
  • FilmTv lo definisce «Un film che tenta con forza di filmare l’infilmabile e che si dà una forma pittorica nell’illusione di fermare, con la sintesi, gli attimi, l’amore, e ciò che da esso può partorire».
  • Su Repubblica Gian Luca Favetto scrive «Una coraggiosa opera prima, girata in digitale fra gli amici. Non sembra nemmeno italiana. Alla base c’ è una buona idea; attorno, pochi soldi; dentro, tanta voglia di raccontare, un ottimo innesto di sacro nel profano e nessuna carineria».
  • Anita Gates sul New York Times lo definisce «uno sconcertante dramma d’atmosfera», concludendo che il film «ha qualcosa da dire e riesce a creare una fascinazione claustrofobica, ma non riesce a centrare il cuore del discorso».
  • Deborah Young su Variety scrive «A strongly narrated tale about obsessive love between two sisters, Open My Heart by young documaker Giada Colagrande starts as a quasi-voyeuristic look at forbidden passion, then slowly turns to a very Italian film noir».
  • In generale, nell’aggregatore di recensioni Metacritic il film ha un punteggio di 27/100, mentre su Rotten Tomatoes tutte e sei le recensioni riportate sono negative.

Vediamo quanto dura prima che qualche altro “anonimo” decide che non le piacciono le recensioni negative…

Insomma, io sono sempre convinto che il peso della critica on-line sia pari a zero, ma evidentemente c’è gente – anche dentro e attorno all’industria cinematografica italiana – che invece crede il contrario. E proprio per questo controlla ogni passo che facciamo…

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Commenti

12 risposte a: “Pochi ci seguono, alcuni ci controllano”

  1. Spaceodissey ha scritto venerdì 7 gennaio 2011 15:36

    Tu scrivi “Su internet, invece, la maggior parte dei lettori sono occasionali, e nella maggior parte delle occasioni visitano un sito di cinema dopo aver visto un film, per cercare conferma delle proprie impressioni o chiavi di lettura diverse rispetto a quelle trovate autonomamente”. Probabilmente è vero. Del resto tu hai un sito di cinema e immagino farai delle analisi che io non ho modo di fare. Conoscendoti, so che molto probabilmente sono ben fatte. Ma non sono del tutto d’accordo con il tuo discorso generale ovvero che la critica on-line non sposta soldi.

    A mio avviso c’è una fetta di pubblico (non molto grande, credo, ma in crescita) a cui interessano molto le critiche on line e sono le persone “dubbiose”. Mi spiego.
    Supponiamo che io sia moderatamente appassionato di cinema. Ci vado quando posso, ma senza seguire il mondo del cinema con assiduità (ovvero appartengo alla stragrande maggioranza della popolazione). E’ uscito “La bellezza del somaro” di Castellitto. Il film di Castellitto mi interessa moderatamente. Ne leggo una critica su una testata cartacea nazionale e decido che forse potrebbe interessarmi. Ma questo fine settimana non riesco ad andare al cinema. Il prossimo fine settimana lo trascorrerò in montagna e quello dopo probabilmente il film di Castellitto non sarà più in sala o sarà uscito un blockbuster americano che mi attirerà di più. Tra tre mesi vorrò vedere un film in DVD sdraiato sul divano e per un caso mi ricorderò del film di Castellitto. Recuperare la recensione cartacea è fuori discussione. On-line l’impresa è semplice. Il film mi sembra adatto alla serata. Lo noleggio.

    Come hai appena dimostrato tu c’è molta differenza tra i giudizi del Morandini prima e dopo la “censura” su wikipedia. E io penso che la chiave sia quella.
    Su internet nulla va perduto e la vita di un film non è più soltanto quella in sala, ma anche e soprattutto quella su DVD o nelle rassegne estive ecc. In un mondo sempre più 2.0 in cui anche i cinema chiedono agli utenti quali sono i film che vorrebbero rivedere (e il pubblico è sempre meno “esperto”) è importante che le critiche siano positive.

  2. Alberto Cassani ha scritto sabato 8 gennaio 2011 14:20

    Vero. Però secondo me in questo caso entrano in campo due fattori spicifici: la fiducia che un lettore ha nei confronti di un determinato critico/sito, e la popolarità del sito.
    Diciamo che genericamente un buon 75% abbondante dei visitatori arriva dai motori di ricerca (do per scontato che le statistiche di CineFile siano simili a quelle degli altri siti), quindi se un possibile spettatore cerca informazioni su un DVD che è indeciso se vedere, è molto facile capiti nei siti più noti. A meno che non sia un lettore di un sito particolare, e nel corso del tempo abbia imparato a fidarsi dei giudizi di quel sito, o di un suo critico particolare. Considerato che c’è una differenza enorme tra i numeri dei siti davvero importanti e gli altri, mi sento di dire che l’incidenza vera e propria della critica on-line è davvero minima, e quando c’è è per buona parte casuale.
    E’ vero che io noto una bella differenza tra gli accessi ad una determinata recensione quando il film passa in Tv rispetto ad altri momenti dell’anno, però non ho modo di sapere quale effetto possa aver avuto la recensione sull’eventuale visione del film.

  3. Vito Sugamel ha scritto domenica 16 gennaio 2011 09:31

    Primo caso: quando un film passa in tv, “nella maggior parte delle occasioni [i curiosi] visitano un sito di cinema per cercare conferma delle proprie impressioni o chiavi di lettura diverse rispetto a quelle trovate autonomamente.” Ti sei risposto da solo.

    Secondo caso: lo spettatore sprovveduto (ben definito dall’utente spaceodissey) si affida a google e il più fortunato tra i siti ad essere in cima vince. Di base sono persone che conoscono poco la materia: tanto più il film è piaciuto, tanto sono malate di conoscenza – in quel caso curiosità, citazioni e immagini registrano numeri interessanti.

    La critica online ha un solo spettatore, quindi: l’addetto, il quale avrà dei legami con la pellicola in questione e farà in modo di reclamizzarla con del sano e selvaggio spam – qualora questa venga drasticamente bocciata da (quasi) tutta la critica, altrimenti basterà il passaparola. Addetto oltretutto che sarà sempre diverso a seconda del film (campo che va ristretto al cinema italiano, ovviamente). In sostanza, nessun portale di medio traffico vanta un’utenza di riferimento, se non i grossissimi network e quei 3/4 critici che hanno saputo farsi largo tra la massa di giornalisti (e non) vomitati dalla rete.

  4. Alberto Cassani ha scritto domenica 16 gennaio 2011 12:26

    Esattamente.

  5. Alberto Cassani ha scritto domenica 16 gennaio 2011 13:06

    Aggiungo, i lettori che usano internet per scegliere che film andare al cinema a vedere sono davvero pochissimi, e in genere si affidano al loro sito/critico di fiducia. Quindi, nel mare magum dei siti di critica e dei blog di cinema, queste pochissime persone sono anche diluite su tantissimi IP.

  6. Alberto Cassani ha scritto mercoledì 19 gennaio 2011 23:27

    Neanche a farlo apposta, pochi giorni fa John Landgraf, presidente della stazione televisiva statunitense FX, si è pronunciato proprio su questo argomento (per quanto relativamente agli ascolti televisivi). In pratica ha detto che sì, i critici possono influenzare gli ascolti, ma solo quando TUTTI i critici “si mettono in cima a una montagna a urlare a pieni polmoni che la tal serie è la migliore di tutti i tempi”. Landgraf ha portato l’esempio di “Mad Men”, che grazie all’imponente campagna stampa a favore (lui l’ha definita la serie meglio accolta dalla stampa in tutta la storia della Tv) è passata “dall’avere ascolti penosamente bassi ad avere ascolti mediocri”. Volendo, si potrebbe discutere sul motivo per cui tanti critici televisivi italiani cerchino di far passare questi ascolti mediocri (che sono incontrovertibili: 2.4 milioni di spettatori sono meno di quanti in Italia vedono “Un posto al sole”) per un enorme successo, ma andremmo fuori tema…

  7. Alberto Cassani ha scritto mercoledì 6 aprile 2011 14:40

    Fantastico: l’hanno fatto ancora…!

  8. Vito Sugameli ha scritto mercoledì 6 aprile 2011 15:08

    Chi? Dove? Quando?

  9. Alberto Cassani ha scritto mercoledì 6 aprile 2011 15:12

    http://www.imdb.it/title/tt0333089/externalreviews
    http://www.imdb.it/title/tt1484918/externalreviews

    Ho scritto a IMDb per provare a capirci di capirci di più, ma sto ancora aspettando risposta a un altro messaggio che avevo mandato (per motivi completamente diversi) a metà gennaio, per cui chissà se mai mi risponderanno. Nel frattempo, il “chi” continuerà a rimanere un mistero…

  10. Alberto Cassani ha scritto mercoledì 6 aprile 2011 15:13

    Dai, Vito: non hai sotto mano una recensione negativa di qualche film della Colagrande, che la segnaliamo su IMDb e vediamo quanto dura?

  11. Vito Sugameli ha scritto mercoledì 6 aprile 2011 17:10

    Questa cosa mi affascina ma no: nessuna recensione negativa di qualche film della Colagrande. Quasi quasi ne recupero un paio giusto per sfizio e vediamo come va.

  12. Alberto Cassani ha scritto venerdì 15 aprile 2011 01:40

    Be’, sorprendentemente IMDb mi ha risposto velocemente:
    “Your reviews appear to be listed on both titles, and we actually have no indication that they’ve ever been removed. As far as we can tell, there’s nothing to do at this point. Should you notice that they reviews are no longer there, please write back but do not resubmit them, so we can look into the matter.”
    Incredibile che non tengano una history delle loro pagine… A questo punto, mi tocca aspettare che l’anonimo le cancelli di nuovo…

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