Il fastidio della Coppa Volpi
Scritto da Alberto Cassani venerdì 19 settembre 2014
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Parlando di sport si usa dire che la nazione che organizza una manifestazione internazionale ne trae vantaggio a livello di risultati, sia per gli effetti che la spinta del pubblico ha sulla grinta dei propri atleti sia per i favori arbitrali più o meno evidenti che in caso di bisogno arriverebbero più facilmente. Il palmarès dei tre grandi Festival d’Europa – Cannes, Venezia e Berlino – sembra dimostrare come questo ragionamento non sia applicabile al campo cinematografico.
Quando ad esempio Laurent Cantet vinse la Palma d’oro nel 2008 con La classe, mise fine a un digiuno francese che a Cannes durava dal 1987, mentre la precedente vittoria transalpina era addirittura quella di Claude Lelouch con Un uomo, una donna del 1966. Il trionfo veneziano di Sacro GRA dell’anno scorso, invece, è stata la prima vittoria italiana dopo il Così ridevano di Gianni Amelio del 1998, e per trovare un altro film italiano bisogna andare indietro di un decennio esatto, fino a La leggenda del santo bevitore di Ermanno Olmi del 1988. A Berlino, poi, La sposa turca di Fatih Akin è l’unico film tedesco (per quanto coproduzione turca) ad aver vinto l’Orso d’oro dopo la riunificazione delle due Germanie. In sostanza, la Francia ha vinto 8 edizioni di Cannes, l’Italia 10 di Venezia (contandone una sola per l’ex aequo del 1959 tra La grande guerra e Il generale Della Rovere: i Leoni d’oro sono in realtà 11) e la Germania (sommando anche Est e Ovest) 7 di Berlino.
Come accennato, però, gli “aiuti arbitrali” possono essere più o meno evidenti. Di certo un Leone d’oro dato a un film italiano da un Presidente di Giuria italiano può essere considerato un aiuto evidente, e lascia perplessi costatare come su 10 edizioni vinte dall’Italia, per 10 volte ci fosse un Presidente di Giuria italiano. In realtà c’è un trucco, su questa statistica, perché dalla prima edizione che ha assegnato il Leone d’oro – quella del 1946 – fino al 1984, i Presidenti di Giuria stranieri furono appena 5: John Grierson nel 1956, René Clair nel 1957, Jean Grémillon nel 1958, Marcel Archard nel 1960 e Marcel Carné nel 1982. In nessuna di queste cinque occasioni vinse l’Italia… Dal 1985, comunque, il ruolo di Presidente di Giuria viene assegnato più regolarmente a una personalità straniera, e sarà senz’altro un caso ma nelle tre occasioni da allora in cui l’Italia ha vinto il Leone d’Oro c’era sempre un Presidente di Giuria italiano: Sergio Leone nel 1988, Ettore Scola nel 1998 e Bernardo Bertolucci nel 2013.
Ma appunto, gli aiutini possono anche essere poco evidenti, e riguardare premi diversi dal Leone d’oro. Come ad esempio quando, al Festival di Venezia del 2006, una Presidentessa di Giuria francese (Catherine Deneuve) decise di assegnare il Premio Mastroianni a una giovane attrice francese (Isild Le Besco)… Questi premi di secondo piano vengono spesso considerati un “contentino” dato al cinema di casa quando questo non può vincere uno dei premi principali. Ma quando questo tipo di aiutini diventa un’abitudine regolare, smette di essere un contentino e diventa un vero e proprio fastidio per chi commenta in libertà i risultati. A Venezia, negli ultimi anni, questo fastidio ha preso la forma della Coppa Volpi.
La Coppa Volpi per le migliori interpretazioni maschile e femminile è stata istituita nel 1935 dall’allora presidente della Biennale di Venezia e di Confindustria, il Conte di Misurata Giuseppe Volpi. Era stato proprio Volpi – insieme ad Antonio Maraini e Luciano De Feo – a ideare nel 1932 l’allora “Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica”. Nella seconda edizione, quella del 1934, il miglior attore (Wallace Beery per Viva Villa!) e la miglior attrice (Katharine Hepburn per Piccole donne) furono premiati con una medaglia d’oro, mentre dall’edizione successiva il premio diverrà appunto quella Coppa Volpi che viene assegnata ancora oggi.
Nelle 71 edizioni del Festival di Venezia, gli attori italiani hanno vinto 8 Coppe Volpi (contandone una sola per l’ex aequo di Mastroianni e Troisi in Che ora è?), e altre 8 le hanno vinte le attrici. In più, in tre occasioni sono stati premiati attori stranieri che recitavano in film italiani (nel 1966 Jacques Perrin per Un uomo a metà, nel 2009 Ksenia Rappoport per La doppia ora e quest’anno Adam Driver per Hungry Hearts). Non numeri di cui scandalizzarsi, ma l’impressione cambia se prendiamo in considerazione solamente le edizioni del XXI secolo.
Negli ultimi 14 anni, infatti, gli attori italiani sono stati premiati tre volte, mentre le attrici quattro (più, appunto, due dei tre stranieri appena citati). In pratica, quasi la metà delle Coppe Volpi vinte dagli italiani: 7 su 16. In più, i 9 premi sono distribuiti in modo che il cinema italiano abbia vinto almeno una Coppa Volpi in 7 delle ultime 14 edizioni, la metà esatta.
Non solo: il cinema italiano più recente ha registrato anche due doppiette, cosa che non era mai successa a nessun film. Nel 2001 vinsero infatti Luigi Lo Cascio e Sandra Ceccarelli per Luce dei miei occhi e quest’anno Alba Rohrwacher e appunto Adam Driver per Hungry Hearts. Pure nel 1986 ci fu una doppietta italiana, anche se per due film diversi: Carlo Delle Piane vinse per Regalo di Natale e Valeria Golino vinse per Storia d’amore.
Insomma, visti i numeri del recente passato viene difficile pensare che questi premi dati al nostro cinema durante il Festival di Venezia siano sempre reale espressione del convincimento dei giurati. In particolare proprio quelli dati ad attori e attrici, la cui recente regolarità mina fortemente la credibilità stessa del premio. La logica conclusione è che il livello dei film italiani presentati a Venezia negli ultimi anni sia in realtà così modesto che solo una spinta patriottica può portarli a prevalere sui concorrenti stranieri. Tant’è che in 26 anni Lamerica di Gianni Amelio è l’unico film italiano transitato al Festival di Venezia ad aver ottenuto la nomination come miglior film agli European Film Award, e da quando i film sono a colori il Tornatore di L’uomo delle stelle e la Comencini di La bestia nel cuore sono stati gli unici registi italiani capaci di guadagnarsi la nomination all’Oscar come miglior film in lingua straniera dopo aver presentato il proprio lavoro a Venezia.
Viene quasi naturale pensare, dunque, che le Coppe Volpi siano oggi usate dalla Biennale per tenere buoni produttori e distributori che negli ultimi anni dimostrano ad ogni occasione di non apprezzare niente di meno che una pomposa celebrazione. Nonostante si presenti spesso sul red carpet lidense con prodotti dall’appeal internazionale nullo (non a caso i nostri film più importanti sono tutti andati a Cannes, in questo secolo), l’industria cinematografica italiana pretende che la grancassa mediatica parli sempre dei nostri registi, dei nostri attori e delle nostre attrici come fossero i migliori del mondo. Un po’ la stessa cosa che si dice dei nostri arbitri di calcio…
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