Prima regola: mai fidarsi
Scritto da Alberto Cassani venerdì 1 aprile 2011
Archiviato in Quelli che scrivono...
E’ ormai qualche anno che le testate più o meno giornalistiche e più o meno seriose hanno preso la malsana abitudine di inserire nella loro uscita del primo aprile delle notizie false, per fare uno scherzo ai lettori e giocare con loro. “Malsana” perché se non adeguatamente pubblicizzata come scherzo, la notizia rischia di essere presa sul serio. Peggio ancora perché la consapevolezza da parte del lettore della presenza di bufale gli fa mettere in dubbio anche la veridicità delle notizie vere, finendo per fargli perdere fiducia nella testata. Ma è chiaro che se una stessa notizia – anche sepubblicata il primo aprile – compare anche su altre fonti di informazione, allora dev’essere per forza vera. O no?
Lo scorso anno, esattamente il primo aprile 2010, il sito oneCinema (oggi parte di DireDonna) rilanciava una notizia data dall’illustre Time New Gossip: Belen Rodriguez si è accordata con Tinto Brass per interpretare il ruolo della protagonista di Così fan tutte 2. Secondo l’articolo, la modella argentina avrebbe ricevuto un compenso attorno ai 700.000 euro. In pochissimo tempo la notizia rimbalza su decine di siti e nel giro di una settimana arriva su quotidiani come la Repubblica, Il Gazzettino, Unione Sarda e Leggo, sul blog di Panorama e poi in televisione, in trasmissioni di informazione come Studio Aperto e Sipario. Tra gli altri, ne parlano anche Yahoo Cinema, Blogosfere e Virgilio. Orde di adolescenti con gli ormoni in subbuglio cominciano a far scorta di Kleenex e a prendere accordi con cassieri compiacenti in grado di farli entrare al cinema nonostante il prevedibilissimo divieto a minorenni, così il 7 aprile oneCinema decide di pubblicare un update alla notizia e un secondo articolo:
Nonostante la notizia sia stata ripresa da tutti i principali blog di settore (che si sono guardati bene dal linkare oneCinema), ci teniamo a precisare che si tratta di un pesce d’aprile, i cui indizi erano fin troppo evidenti (sarebbe bastato vedere il tag utilizzato “april fool”).
A dir la verità, più che il tag a fondo pagina (che nella versione attualmente on-line non c’è più) avrebbe dovuto far nascere dei dubbi soprattutto il fatto che il link all’articolo del Time New Gossip (lo stesso che ho inserito io qui sopra) rimandi a un sito inesistente. O forse anche solo il fatto che questo “illustre” Time New Gossip non si sia mai sentito prima… Sarebbe bastata una ricerca su Google per svelare la bufala. Invece, tutti a fare i pecoroni e pubblicare la notizia senza avere il minimo dubbio, senza fermarsi un attimo a pensare, fidandosi ciecamente. E visto che nessuno linkava la fonte originale, una volta che la voce si era sparsa capire se fosse vera o meno era diventato più difficile. Sempreché non si volesse contattare l’addetto stampa della diretta interessata per avere una conferma…
Orazio Tassone, uno degli ideatori dello scherzo e mittente della mail grazie alla quale ero venuto a conoscenza di quanto successo, ne scrive sul suo blog:
Da ciò cosa si può dedurre? Gli editori italiani, grandi e piccoli, scrivono senza leggere, non sono informati, non linkano, non citano, stanno nel loro giardino e se qualcuno gli fa notare gli errori si rivoltano contro, accusando e attaccando… come è successo con uno degli editori nominati, il quale, avvisato del fatto, ci ha anche risposto via email definendoci “dementi”. […] Questa è l’editoria in Italia? Queste sono le persone che fanno informazione? Questa è La Repubblica? Questo è Panorama? Questo è Virgilio? Siamo in buone mani…
Tassone chiude il suo post linkando una precisa ricostruzione dei fatti ad opera di Giacomo Dotta per WebNews, io invece linko prima un delirante articolo di Michele Smargiassi su Repubblica che tenta di difendere l’indecente abitudine di appropriarsi di testi e (nel caso specifico) immagini altrui, in pratica rubando così il lavoro degli altri (argomento su cui probabilmente tornerò presto), e poi la smentita più ridicola di tutto l’affaire Belen-Brass, quella di gossipblog.it (che riprendeva la notizia originale da un breve post di newnotizie dove Belen era definita una bellissima venezuelana…):
Update 8 aprile: Era naturalmente un bel Pesce d’Aprile, ben architettato da OneCinema.
Come “naturalmente”? Ma se ve ne siete accorti solo quando ve l’hanno detto loro…?
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14 risposte a: “Prima regola: mai fidarsi”
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Ha ragione, quante deliranti abitudini si scoprono girando per il Web…
Per esempio l’abitudine di non leggere bene, di non leggere tutto, di non riflettere su quanto si legge.
Qui trova un altro delirante post in cui ad esempio sostengo il dovere di citare le fonti e spiego anche come.
http://smargiassi-michele.blogautore.repubblica.it/2010/12/23/appropriazione-condivisione-citazione/
Ma è lungo, e capisco che leggere è una gran fatica…
Lei ora mi citi per favore i passi precisi dove io “tento di difendere l’indecente abitudine di non citare le fonti di notizie e immagini, in pratica rubando così il lavoro degli altri”. Se li trova.
Un saluto
Michele Smargiassi
Non facciamo a prenderci in giro, Michele. Lei in quell’articolo (che io avevo letto (tutto) lo scorso gennaio) difende il fatto che Repubblica si sia appropriata senza permesso di alcune fotografie, dando la colpa agli ingenui fotografi che le hanno messe su internet a disposizione di tutti e alle regole sui dirittti d’autore che sono ormai obsolete. Ma ammetto che avrei potuto formulare la mia frase in maniera più chiara. Però lei nell’articolo fa l’esempio del pasticciere che spedisce le torte a casa e poi si lamenta che nessuno gliele paga. Internet non è questo: internet è un fruttivendolo che espone le cassette di frutta sul marciapiede fuori dal suo negozio per farle vedere a tutti i passanti, e Repubblica c’ha camminato davanti e s’è portata via alcune mele senza pagarle.
Internet non è il regno del fai-come-ti-pare, il fatto che una cosa sia su internet non vuol dire che sia di dominio pubblico. Le regole ci sono, e anche se sono obsolete vanno rispettate. Quando cambieranno ci adegueremo, ma per ora vanno rispettate, e soprattutto va rispettato il lavoro degli altri. Cosa che purtroppo Repubblica spesso non fa. Non esiste che una testata di quella importanza costruisca il sito sulla base di contributi rubati ad altri. Perché questo sono: dei furti. Anche se si cita da chi sono stati rubati.
Quando mi è capitato di trovare dei miei articoli su altri siti mi sono sempre incazzato come una bestia, che si citasse il mio nome o meno. Perché quegli articoli sono miei e decido io dove pubblicarli. Se li vuoi me lo chiedi e te li lascio molto volentieri, ma trovarmeli in giro senza il mio permesso no. Figuriamoci quanto mi infastidirebbe trovarmeli su un sito come Repubblica…
Le sue arrampicate sugli specchi (convinte, ci mancherebbe) per difendere l’indifendibile comportamento di Repubblica è stato un delirio – lo ribadisco – che ovviamente non si esime dal tirare in ballo il craxiano “così fan tutti”. Bene, Craxi sarebbe finito al gabbio se non fosse scappato. Lo stesso dovrebbe succedere a chi si comporta come s’è comportata Repubblica con quei fotografi. Perché queste sono le regole. A prescindere da quanti sono pronti a difenderli, e a prescindere dal fatto che non si sognano neanche di prendersi la responsabilità di ciò che hanno fatto.
Anzi: ho cambiato la frase incriminata per renderla più congrua rispetto ai contenuti del suo articolo.
No caro Alberto.
– Io non “difendo il fatto che Repubblica si sia appropriata senza permesso” e la sfido a trovare e a indicarmi una sola frase in cui sostengo questa cosa. Lei ha cambiato il suo testo che affermava una falsità, perché s’è accorto di aver letto male, ma continua ad affermare un’altra falsità. Coraggio, legga di nuovo, vedrà che capirà e correggerà nuovamente.
– Io non “dò la colpa” ai fotografi, semmai li rimprovero (paternalista? Lo ammetto) di mancanza di cautela e anche di ingenuità per essersi comportati come quelli che parcheggiano la Ferrari con le chiavi nel cruscotto perché tanto “rubare è vietato”. Se te la rubano è sicuramente un furto, e il ladro è sicuramente un ladro, ma l’assicurzione non ti paga. E gli amici del bar non ti considerano proprio il più furbo della compagnia. Come mai?
Questo ho detto, e anche molto altro. Ma ripeto, capisco che leggere è fatica. Si fa prima a scrivere un po’ di aggettivi in libertà.
– Internet è un luogo rischioso ma non tutti sono irresponsabili. I fotografi che si sono lamentati con repubblica.it sono stati pagati.
“Personalmente credo che, una volta che un prodotto comunicativo viene pubblicato, diventi in qualche modo patrimonio di tutti, e sia difficile e forse ingiusto vietare che altri possano utilizzarlo come fonte, citazione, oggetto di analisi e di ri-presentazione. Non credo nel tutto-gratis ma mi pare che regole aperte come quelle della licenza Creative commons siano una buona mediazione fra la tutela dei diritti intellettuali e la libertà di condivisione della conoscenza. Regole più rigide rischiano solo di essere aggirate e ignorate, come infatti avviene. Non facciamo gli ingenui: il Web è un gigantesco gioco di specchi dove l’immissione di nuovi contenuti è minima rispetto alla replica di contenuti già presenti. Giusto o sbagliato, bello o deprimente, questo è.”
Secondo lei questa frase non equivale a giustificare quello che Repubblica ha fatto? La licenza Creative Commons la sottoscrive l’autore, se vuole, non è implicita nella pubblicazione su internet…
E mi fa piacere sapere che i fotografi che si sono lamentati sono stati pagati. Mi fa però molto meno piacere sapere che sono stati pagati dopo essersi lamentati…
Poi, comunque, lei insiste nell’idea che io non ho letto tutto ciò che ha scritto in quell’articolo perché è troppo lungo, ma ha proprio sbagliato indirizzo. Faccia come vuole, ma non si faccia ingannare da quel “giovane” nel titolo del blog. E se davvero le sue opinioni sono diverse da quelle che traspaiono dall’articolo (visto che non solo io l’ho criticato, in giro per internet, e lo sa benissimo) si chieda se per caso non sia stato lei a scrivere in maniera confusa piuttosto che io (e altri) a leggere con disattenzione.
E per tornare all’argomento del post, stamattina il Guerin Sportivo ha presentato il suo pesce d’aprile qui http://blog.guerinsportivo.it/blog/2011/04/01/moggi-al-milan-galliani-ha-detto-si/ svelandolo in un interessante articolo di Stefano Olivari nel pomeriggio: http://blog.guerinsportivo.it/blog/2011/04/01/moggi-e-il-verosimile/
No, caro Alberto, proprio no. Il brano che lei cita non giustifica nessuna appropriazione indebita. Dire “io penso che sia difficile e forse ingiusto vietare (ecc)” secondo lei equivale a dire “io penso che sia giusto rubare”? Non sia prevenuto e ci rifletta.
E’ chiaramente un appello ai creatori a permettere la libera citazione delle opere che decidono di pubblicare, non è certo un’autorizzazione a tutti gli altri a rubarle. Sì, io penso che quel che viene pubblicato dovrebbe essere patrimonio di tutti, a condizione di essere citato con onestà e correttezza. Se le leggi di oggi non lo permettono (ma neppure riescono a impedire gli abusi…) dovrebbero essere aggiornate, e ho provato anche a dire come. Non per nulla, subito dopo cito le licenze CC che già prevedono in diverso grado questa libertà di citazione e duplicazione, e invito a farne uso. Pensa ancora che questo sia giustificare il furto? Può non essere d’accordo con questa opinione, ma la combatta per quella che è, troppo comodo parificarla a un reato per poterla demolire meglio.
– Dire che le regole attuali sono vecchie, pensate per un mondo di carta, e non riescono a reggere sul Web, e dunque bisogna stare in guardia per non doversi lamentare quando è troppo tardi, scoprendo che mettere un cartello “non rubare” sul finestrino della Ferrari parcheggiata con le chiavi nel cruscotto non è sufficiente, sarà forse una paternale antipatica, ma è un elogio del furto?
– Dire che il Web è soprattutto un rimescolamento di contenuti, un grande mixup dove gli apporti creativi sono minimi rispetto ai riutilizzi, leciti e illeciti, è dire un’ovvietà. E’ una giustificazione del furto? O è un invito a non essere ingenui e a prendere le misure di questo mezzo traditore e pieno di trabocchetti?
Scrivere comprensibilmente è difficile, e col senno di poi, viste le reazioni, cercherei di essere più didascalico ancora, visti gli equivoci. Chi non viene capito, certo, deve farsi delle domande. Farsi capire bene è un dovere (e io l’ho affrontato meglio che potevo rispondendo sul blog a quasi un migliaio di commenti e insulti, senza mai insultare nessuno).
Ma anche sforzarsi di capire bene è un dovere.
Vede, ad arrabbiarsi sono stati soprattutto i fotografi, e temo che la frustrazione di un mestiere bello, necessario, difficile e oggi molto penalizzato abbia fatto velo a una lettura serena di un’opinione sicuramente non consolatoria, certamente paternalista e provocatoria, probabilmente antipatica, ma non apologetica di alcun reato.
Non conosco la sua età e non penso che l’anagrafe abbia a che vedere con al qualità del pensiero. Ci tenevo a farle capire che il mio “delirio” forse non è quello che lei pensa di aver capito. Tutto qui.
Un saluto
michele smargiassi
Innanzi tutto: so che dai toni di questi nostri commenti non si capisce, ma io apprezzo molto il fatto che lei sia venuto qui (e sia andato da altri) ad argomentare il suo discorso e a spiegare le sue ragioni. Per esperienza, so quant’è difficile discutere con chi ti critica, soprattutto quando lo fanno in maniera dura e diretta come ho fatto io con lei.
Detto questo, io non vedo come il passo che ho citato possa essere preso come un appello agli autori. Semplicemente perché lei non sta parlando degli autori, ma delle regole. Da come ha scritto, lei mette in dubbio la bontà delle leggi e delle regole, non la correttezza della volontà degli autori (anche se, a giudicare da ciò che ha scritto oggi, è proprio questo ciò che voleva dire). In tutto il passo che ho citato non si riferisce mai agli autori delle opere riprese (e non lo fa neanche nel prosieguo del paragrafo), ma solo alle norme che ne regolano la “ritrasmissione”. Come può pensare che quel passaggio venga preso come un appello agli autori a lasciare le proprie opere al dominio pubblico, se tutto ciò che dice è che le regole che li tutelano sono sbagliate (vecchie)?
E’ evidente la sua idea che le opere pubblicate su internet debbano essere davvero a disposizione di tutti, salvo la citazione dell’autore. E sono parzialmente d’accordo, finché si lascia all’autore la libertà se aderire o meno a questa regola. Sono invece totalmente d’accordo con l’invito a non essere ingenui, ma qui la situazione era diversa. Se Repubblica ha persino tagliato il watermak che alcuni fotografi avevano impresso sulle loro immagini, come si può parlare di Ferrari lasciata con le chiavi sul cruscotto? Se Repubblica ha scritto sotto ogni foto “tutti i diritti riservati”, come si può rispondere che su internet sarebbe giusto che questi diritti non ci fossero (o fossero gestiti diversamente) quando chi ha preso quelle foto sapeva benissimo di non poterlo fare?
Forse è proprio questo il punto, il nodo su cui si basano le critiche che il suo articolo ha ricevuto dai lettori e da altri web-scrittori (me compreso). Nell’articolo lei scrive “Sto giustificando l’appropriazione libera dei contenuti protetti da copyright? No.” Il problema è che non l’ha neanche condannata. Ha semplicemente detto che le regole che lo vietano sono obsolete, argomentando ed esemplificando il perché ha questa opinione. Non ha scritto in nessun momento che ciò che Repubblica ha fatto è sbagliato, né l’ha suggerito. Ha anzi auspicato un futuro in cui ciò che Repubblica ha fatto sia perfettamente lecito. Spero non lo prenda come un insulto personale, ma è esattamente la stessa cosa che un certo politico italiano è solito fare per giustificare il suo comportamento…
Caro Andrea, pian piano forse ci capiamo.
– Se dico “è sbagliato non prestare l’orologio” è evidente che lo dico ai proprietari di orologio. Come è evidente che non sto dicendo “è giusto rubare gli orologi”.
– Sì, io penso che qualsiasi contenuto intellettuale pubblicato debba essere disponibile a tutti, e non solo nei termini del “guardare ma non toccare”, perché la cultura vera e viva è fatta di rimandi, rielaborazioni, riusi. E’ un delitto pensarlo? Sì, io penso che le regole attuali siano insufficienti e vengano costantemente infrante e aggirato e non difendano neppure quel che resta comunque giusto difendere. Si tratta di regolare la pratica della “citazione” (e non dell’appropriazione grezza e della contraffazione, questo è ovvio) in modo da tutelare sia il libro evolvere delle idee sia il rispetto della titolarità dell’autore. E’ possibile, e io mi sono sforzato anche ingenuamente di immaginare come, a differenza dei tanti che si sono limitati a gridare “al ladro”.
– Le sfugge un particolare, che dovrebbe rileggere: io fui invitato dai fotografi “debubati” (che nel frattempo si rivolgevano alla redazione per ottener eil rispetto dei loro diritti legali) a discutere su un piano generale la questione dei diritti intellettuali e della circolazione delle immagini sul web. Non sono né volevo essere un giudicie né un avvocato né un sindacalista. Chì è vittima di un furto si rivolge a un avvocato e fa benissimo. Chi si rivolge a un modesto studioso della fotografia vuole un parere culturale e non una perizia legale.
– Ho forse auspicato leggi retroattive? Sanatorie ad personam? Su, sia serio e non si faccia travolgere dalla vis polemica. Le ripeto che repubblica.it ha pagato i fotografi. Nessuno ha rivendicato impunità.
– Lei piuttosto sa spiegarmi perché se scrivo un saggio su Diane Arbus non posso (neanche pagando!) “citare” (correttamente, con attribuzioni ecc..) una sua fotografia? Le sembra giusto? Mentre posso citare tranquillamente un testo di Saviano o un brano di Camilleri? Non vale la pena di discutere leggi inattuali che frenano la libera circolazione dei prodotti culturali?
– Non ho ricevuto solo accuse (spesso insulti e diffamazioni, a dimostrazione che chi chiede il rispetto della legge poi non la rispetta), ma fortunatamente anche molti consensi da chi ha saputo leggere senza pregiudizi. Ho un’antologia di questi non così rari lettori equilibrati, dunque forse non mi sono spiegato poi così male.
Un caro saluto e grazie per l’ospitalità
m.s.
Eh, ma che le leggi sul diritto d’autore siano pessime è fuori di dubbio. Ma in Italia sono in buona compagnia… Personalmente trovo ridicolo, tra le altre cose, che i diritti scadano in date diverse a seconda del paese, cosa che crea situazioni paradossali come quella capitata un paio d’anni fa con Krazy Kat, un vecchio fumetto di cui erano scaduti i diritti in Italia ma non negli Stati Uniti, così da noi è stato ripubblicato liberamente ma le case editrici gli hanno dovuto cambiare il nome…
La cosa che dice delle foto della Arbus mi giunge nuova, nel senso che non ci avevo mai riflettuto. Non ha senso che la legge preveda il diritto di citazione per i testi ma non per le immagini. Ma temo che, fino a quando i diritti d’autore rimaranno sotto la gestione di quella truffa pubblica che è la SIAE, non ci sia modo di cambiare le cose…
Bene. Dunque siamo d’accordo che è giusto citare (senza oneri né permessi) le fotografie altrui, nei modi giusti e nelle forme corrette. Che è una delle cose che volevo dire fin dall’inizio.
Un saluto
m.s.
Diciamo che sarebbe giusto poterlo fare, ma la legge ce lo impedisce. Ma in ogni caso, come ho detto più sopra, secondo me sarebbe giusto lasciare all’autore la scelta se permettere o meno la riproduzione del proprio lavoro in misura superiore al “diritto di citazione” (che a dir la verità, per i testi non ricordo in che misura viene quantificato). Però per le fotografie non saprei come regolamentare la cosa: permettiamo la riproduzione di una percentuale massima dell’area della fotografia? Imponiamo una dimensione massima di stampa (o di visulizzazione elettronica)? Non saprei proprio, ma certo è che impedire totalmente di mostrare una fotografia è insensato, anche perché invece lo si può fare con i fotogrammi dei film. Però, in questo discorso non ricadrebbero le galley di Repubblica: una cosa è citare un’immagine a sostegno della tesi proposta dall’articolo, un’altra è realizzare un intero reportage fotografico con foto di terze persone: è come se io facessi un’antologia di testi senza il permesso degli autori. Ma sono sicuro che i nostri legislatori troverebbero facilmente il modo di regolamentare la cosa incasinando tutto ancora di più…
A presto.
Ci sono modi per “citare” anche le immagini, attraverso opportune riduzioni di definizione, dimensione, leggibilità ecc.
Per esigenze di discussione e informazione si può anche realizzare una sorta di galleria di “citazioni”. Lo fece il New York Times ad esempio per antologizzare le “bambole sotto le macerie”, un topos un po’ sospetto del fotoreportage di guerra e disastri, ne ho parlato nel mio blog.
Sì, è quello che intendevo: bisognerebbe trovare un metodo standard per poter regolamentare la cosa, mentre ora la cosa è lasciata alla discrezione di chi cita non esistendo una legge in proposito. Abbassare la definizione dell’immagine e la sua leggibilità è probabilmente una delle cose migliori, ma in questo senso si rischierebbe di scrivere una legge che viene presto superata dallo sviluppo tecnologico. Ma comunque, secondo me la galleria di citazioni tematiche continua ad essere un’antologia pubblicata senza permesso: non vedo la differenza tra la gallery del NYT e quella di Repubblica…