Come fu che i critici sbagliarono…
Scritto da Alberto Cassani venerdì 30 maggio 2008
Archiviato in Quelli che scrivono...
In un recente post nel suo blog dell’LA Weekly, Dealine Hollywood Daily, Nikki Finke ha fatto giustamente le pulci al sito di gossip Defamer per aver pubblicato una notizia falsa riguardo una presunta diatriba tra la 20th Century Fox e l’agenzia di rappresentanza degli artisti CAA.
La Finke ne approfitta per raccontare un’altra magagna generata dalla leggerezza con cui lavorano quelli di Defamer. Ad aprile, infatti, un sedicente agente della CAA aveva commentato la notizia pubblicata dalla Finke dell’abbandono dell’agenzia da parte di Robert De Niro e Defamer aveva ripreso il commento spacciandolo per ufficiale e senza citarne la provenienza. E fin qui siamo purtroppo nella normalità internettiana – in fondo Defamer non è altro che uno dei tanti blogghettini che si occupano di gossip hollywoodiano – se non fosse che la “notizia” è stata ripresa anche da Variety, Los Angeles Times e Slate, in una curiosa catena che somiglia molto al telegrafo senza fili che si giocava da bambini. Nessuno dei giornalisti che ha riportato l’anonimo commento si era preso la briga di controllarne la veridicità, dandola sempre per scontata.
Il racconto della Finke si conclude con un depresso commento di un dirigente della CAA: “tutti puntano così disperatamente alla gloria e all’essere i primi a dare la notizia, che anche i bravi giornalisti finiscono per tradirsi”.
Leggendo questa storia mi è tornata in mente, chissà perché, una recensione del bel film di Danis Tanovic “L’Enfer” che avevo letto su un qualche sito internet italiano di cui non ricordavo assolutamente l’indirizzo. Una veloce ricerca su Google mi ha permesso di rintracciarla, e scoprire così che era stata scritta da Claudio Lugi e pubblicata dal sito di Primissima. È solo un altro dei tanti esempi di sloppy journalism che ormai contraddistingue il mondo della critica cinematografica, ma questo è diverso rispetto a quelli di cui ho avuto modo di parlare in passato. In genere, infatti, un critico incappa in sonore castronerie quando si avventura a disquisire di cose diverse dal cinema; in questo caso, invece, Lugi ha fatto tutto senza uscire dal suo orticello. A conclusione della sua recensione, Lugi scrive infatti che:
Non rimane altro che attendere la risposta del pubblico e, soprattutto, l’uscita degli altri due episodi, Le Paradis e Le Purgatoire, che completeranno il trittico…
…senza avere quindi il minimo ricordo dell’esistenza di “Heaven“, diretto un anno prima da Tom Tykwer e interpretato da Cate Blanchett, Giovanni Ribisi e Stefania Rocca. Beato lui, vista la pochezza di quel film, ma sarebbe bastata la solita scorsa al press-book del film di Tanovic, o anche solo un’occhiata a IMDb, per ricordarsene. O per scoprirne l’esistenza. “Heaven” è infatti il primo capitolo della trilogia ispirata alle sceneggiature di Kieslowki cui si rifà anche “L’Enfer” e che Lugi pensa invece essere ancora di là da venire.
Ma come detto, questo è solo uno dei tanti esempi. Quello che mi lascia piuttosto perplesso, però, è l’importanza del sito in cui un così pacchiano errore è stato commesso: possibile che a nessuno degli altri redattori sia venuto il dubbio? E sì che un sacco di altre testate hanno ricordato la cosa. Possibile che il direttore di Primissima non se ne sia accorto? L’avrà pur letto l’articolo, no?
Vabbé, mi sembra di sentirvi: “Bravo tu… e vorresti farci credere che su CineFile questi errori non li fate? Che tu non li fai?”
Ebbene sì: li facciamo anche noi. Anzi: li faccio soprattutto io, proprio perché io rileggo quello che scrivono i collaboratori del sito e faccio le pulci ad ogni loro virgola – per cui se pure loro sbagliano io faccio in tempo a correggere prima di mettere on-line – però nessuno controlla il controllore, e quindi le mie recensioni sono quelle in cui è più facile trovare refusi o magagne, almeno fino a quando qualcuno non me li fa notare, al che li correggo e posso tornare a dormire sonni tranquilli. Almeno fino alla prossima castroneria…
Ve ne racconto una clamorosa che mi ha riguardato.
Nell’ottobre del 2003 la Metacinema distribuì nelle sale italiane lo sconclusionato “Chinese Odissey 2002“. A quanto mi dicono, la versione originale è meno sconclusionata di quella italiana, visto che in quest’ultima sono state tagliate diverse scene, ma poco importa. Scrissi la recensione del film e un paio di settimane dopo mi trovai a discuterne sul newsgroup it.arti.cinema. Per pigrizia ripostai in toto quello che avevo scritto e pubblicato , e il primo che mi rispose mi mise giustamente alla gogna:
> > Peccato, tutto sommato, perché con Tony Leung (qui alla
> > penultima apparizione prima del suicidio) e Vicky Zhao
> > Wei (“Shaolin Soccer”) lefacce per portare un po’ di gente
> > al cinema ci sarebbero anche state. Almeno fino a metà film.
>
> ??
> Ma non e’ Leslie Cheung ad essersi suicidato?
Per chissà quale motivo ero convintissimo che fosse stato il buon Tony Leung ad ammazzarsi, nell’aprile di quell’anno, e mai mi passò nella testa di andare a controllare questa mia convinzione prima di metterla per iscritto ed esporla al pubblico ludibrio da perfetto cialtrone.
Pigrizia e cattiva memoria. E fu così che i critici sbagliarono…
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9 risposte a: “Come fu che i critici sbagliarono…”
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E’ evidente che sei in malafede. Claudio Luigi ha ragione: l’inferno viene prima del paradiso, come Dante insegna. E’ chiaro che era Kieslowski in errore.
E’ vero. E’ solo perché sono un gran bastardo…
Esimio dottor Cassani, La ringrazio di avermi segnalato con dovizia e attenzione la mia imperizia o, come lei meglio definisce, la mia “sciatteria giornalistica”. Comunicherò al direttore di Primissima dell’importanza che Lei attribuisce al sito dove è comparsa la mia inadeguata recensione. Gli farà piacere. Mi compiaccio anche che Lei possegga tutto questo tempo per scovar pulci nell’infinito universo del web. E le sono altresì grato di avermi fornito un ulteriore stimolo a verificare con maggiore attenzione le informazioni, costringendomi al contempo a fare i conti con me stesso. Esprimo tutto ciò senza alcun risentimento, tuttavia sono spinto a consigliarLe una maggiore prudenza nell’esprimere giudizi troppo generalizzanti. Lei stesso nella chiusa del suo articolo segnala – con un’onestà intellettuale che Le riconosco – un inconveniente accadutole nel passato, e io stesso potrei narrarLe decine di episodi del genere. Che sia un vezzo del giornalismo d’assalto, come Lei paventa? Se di ciò fossi convinto doterei la mia penna di un refil esaurito…
La saluto ricordando al suo ironico ospite Spaceodissey (un dantista, di certo)l’esatta scrittura del mio cognome (basta un copia e incolla), e a Lei il fatto che il film in oggetto (L’ENFER) è uscito nel 2006, dunque HEAVEN che è del 2002 (stavolta ho verificato su IMDb) non poteva essere stato diretto l’anno prima. Ecco come Lei, invece, nel suo blog ci informa:
…senza avere quindi il minimo ricordo dell’esistenza di “Heaven”, diretto un anno prima da Tom Tykwer e interpretato da Cate Blanchett, Giovanni Ribisi e Stefania Rocca.
Le auguro buon lavoro, e se capiterà l’occasione di incontrarci a qualche anteprima o festival, mi ricordi di citarle un’antico adagio un tempo in voga a Roma, e che evito di riportare per non scadere nella volgarità…
Claudio Lugi
Gentile Claudio, mi perdoni se ho inavvertitamente scritto male il suo cognome.
La ringrazio per il consiglio e ne farò tesoro: userò il copia/incolla ogni volta che scriverò in suo cognome, in futuro. Anzi, lo userò per qualsiasi parola, eliminando così i refusi dai miei prezioni scritti. Ed eviterò di fare della facile ironia su Dante e la nostra convinzione che l’inferno venga sempre prima del paradiso, in qualsiasi opera.
Mi perdoni, ma mi pare che lei sia quasi più permaloso del sottoscritto. Le fanno notare che ha fatto un errore e lei subito a riattaccare, a far notare che io ho aggiunto una “i” al cognome e che Cassani, a sua volta, ha scritto “un anno” mentre invece erano 4. Accidenti, ha appena dimostrato che tutti siamo soggetti ad errore. Ci scriva un articolo, probabilmente vincerà il Pulitzer (controlli che sia scritto giusto, per favore, non mi va di cercare e poi fare copia/incolla).
Senza citare antichi adagi romani un po’ volgari, le do un semplice consiglio: la prossima volta, ci faccia sopra una risata!
Gentile Signore,
grazie del consiglio. Ma la risposta l’ho scritta sorridendo. E se continuiamo a chiacchierare di queste bagattelle non è per il pulitzer ma per continuare una specie di comunicazione. Per esistere, insomma. Non me ne voglia, ma l’atteggiamento da letterati chiusi in torri eburnee a caccia di refusi utili a giustificare una tesi precostituita benché lecita, non era certo il mio. Provi anche lei a fare un piccolo esame di coscienza e magari troverà che se ha letto qualcosa di sgradevole nelle mie parole è solo perché sono dette senza guardarsi negli occhi. Ma oggi, come lei ben sa, è cosa quasi impossibile. E qui chiudo continuando quella risata…
Un saluto
Claudio
Velocita’.
E’ quanto si richiede oggi in ogni campo e quanto ci fa sbagliare, tutti.
Mi viene in mente non so chi (che bella memoria…) tra i giornalisti sportivi che, “accusato” di aver scritto una castroneria a proposito di una partita di calcio, si lamento’ del fatto che lui “non e’ come un critico del cinema che si vede il film al calduccio e ha tutto il tempo di rifletterci su, di leggere e rileggere l’articolo prima di mandarlo in stampa”. Lui al contrario “scrive in tempo reale e deve mandare il pezzo al volo entro poche ore, se non minuti, dalla fine di ogni partita”.
Ecco secondo me il punto: la critica cinematografica, oggi legata a internet (o sbaglio?) come ogni cosa, si e’ portata al livello (basso?) di quella calcistica, in una corsa a chi scrive prima.
Siamo tutti in un modello “fast food”.
L’importante e’ che almeno voi, critici di mestiere, i film li vediate, mentre si sa che alcuni ne scrivono senza averli visti…
Innanzi tutto una precisazione: io non sono laureato, quindi l’uso del ‘Dottore’ nei miei riguardi è fuori luogo. Poi, personalmente non ho mai capito l’abitudine tutta italiana di usare questo titolo come segno di rispetto a prescindere, senza sapere se il soggetto lo meriti o meno, quasi che essere un ‘Signore’ sia poca cosa, ma vabbé…
Detto questo, il senso di questo blog è proprio quello di dare un’idea del panorama della critica, italiana ma non solo. Vorrebbe essere uno strumento utile soprattutto a quelli che stanno iniziando a fare questo lavoro ma anche ai lettori per rendersi conto di come funziona il tutto. Lo scopo non è fare le pulci a quello che scrivono gli altri, ma (anche) far capire quanto sia facile sbagliare. Per questo a fianco di aneddoti riguardanti il nostro ambiente (soprattutto quello milanese, dove io mi muovo), mie considerazioni personali e articoli di altri sull’argomento, raccolgo anche esempi di buon giornalismo (come i due articoli di Truffaut) e di cattivo giornalismo (come i nostri due errori).
Ritengo faccia parte del mio lavoro informarmi su cosa scrivono i colleghi, nel bene e nel male, e quindi leggere le varie riviste di cinema e gli altri siti di critica cinematografica. Può capitare che qualcuno abbia notato in un film un particolare che a me è sfuggito, o abbia scritto una cosa diversa da quella che ho scritto io, e leggere quello che questo qualcuno ha scritto può insegnarmi qualcosa e quindi aiutarmi a migliorare nel mio lavoro. Mi sembra normale, no?
Infine, mi faccio e faccio a chi legge una domanda. Internet è un mezzo di comunicazione che fa della velocità una delle sue armi migliori (con effetti non sempre positivi, come hanno fatto notare la Finke e Sebastiano qui sopra). Rispetto alla carta stampata ha anche il grande vantaggio di poter “tornare indietro”, di poter correggere le cose che si è scritto in passato e cancellare quindi gli errori commessi. E allora, una volta appurato di aver scritto una baggianata, correggerla non se ne parla?
Cassani, sembrerebbe facile correggere…
Se uno fosse nella stanza dei bottoni. Ma spesso diventa quasi impossibile l’accesso all’archivio. Bisogna blandire i webmaster e sollecitarli dell’importanza della cosa. Spesso sono troppo impegnati nel lavoro contingente per poter intervenire su errori commessi mesi o anni prima.
Dati i ritmi infernali a cui si è sottoposti per pochi spiccioli, o meno, in molti frangenti diventa persino impossibile stare a verificare certosinamente ogni pezzo. Ed eppure andrebbe fatto…
saluti
C
Eh sì, lo capisco. Però se noi che ci occupiamo di cinema misuriamo un lavoro dai soldi che prendiamo, facciamo prima ad andare a lavorare in fabbrica… Al di là che i ritmi diventano effettivamente sempre peggio. Settimana scorsa mi hanno dato 15 ore di tempo per scrivere un trafiletto sul film di Hulk per un mensile con il quale tra l’altro non avevo mai collaborato. Me lo pagano un euro per ogni ora che ho avuto di tempo per scriverlo…
A parte questo, però, secondo me in un sito di cinema un editor che abbia il compito specifico di rileggere gli articoli e controllare tutte queste prima di metterli on-line cose ci vuole. Ma so che praticamente non ce l’ha nessuno, a parte CineFile giusto perché faccio tutto io.
Sulle correzioni non saprei, dipende più che altro da come funziona tecnicamente il sito, ma il database di un sito funziona esattamente come un database di Microsoft Access: che l’articolo sia stato inserito il giorno prima o due anni prima non cambia nulla. Per cancellare una frase ci vogliono ventiquattro secondi, massimo ventiquattro secondi e sette decimi. Se un webmaster non lo fa dopo che gli si è detto di farlo, è perché non c’ha voglia di lavorare.