Gli ultimi fuochi

Scritto da Alberto Cassani martedì 27 ottobre 2009 
Archiviato in Quelli che scrivono...

Sono tanti i film che raccontano il mondo del cinema. Quelli che ne sanno li definiscono “metacinematografici”. Sono film che hanno raccontato tutte o quasi le diverse professionalità che contribuiscono alla realizzazione di un film, dal regista al produttore, dall’attore allo sceneggiatore, allo stunt-man. Pochi, però, hanno provato a spiegare cos’è il cinema per quelli che ci lavorano. L’ha fatto, naturalmente, François Truffaut con Effetto notte, in cui non ha solo raccontato (esagerando) quello che succede su un set ma anche quella che può essere l’ossessione per il cinema che ha una persona che ha sempre sognato di poterci lavorare. L’ha fatto, però, anche Elia Kazan quando ha portato sullo schermo il romanzo di Francis Scott Fitzgerald Gli ultimi fuochi.

Monroe Stahr, il protagonista del film, è un importante produttore della Hollywood degli anni Trenta che sta cercando di portare a termine un film interpretato da una bizzosa star in crisi depressiva e di far capire ad un esperto romanziere la differenza che passa tra la letteratura e il cinema. O forse, è lo stesso Fitzgerlad che cerca di capire questa differenza, lui che in quegli anni ’30 era costretto da difficoltà finanziarie a lavorare per il cinema. Ma comunque – sia stato Stahr, Kazan o Fitzgerald – quelli che beneficiano di questa spiegazione siamo noi spettatori.

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