I giovani, la passione e i soldi

Scritto da Alberto Cassani lunedì 31 agosto 2009 
Archiviato in Quelli che scrivono...

Come si diceva qualche post fa, per i giovani farsi strada nel mondo del lavoro oggi è tutt’altro che facile. Peggio ancora nel mondo della critica cinematografica, come dimostra anche la tesi di laurea di Luca Marra dedicata alla critica cinematografica di cui ho parlato a fine maggio e che da oggi trovate in versione integrale nella sezione e-book. Comunque, molti ragazzi entrano nel nostro ambiente scrivendo gratuitamente per un qualche sito internet, sperando di riuscire poi a trasformare questa esperienza in un lavoro regolarmente retribuito. Ci riescono in pochi, e alcuni di questi pochi sono stati intervistati nel dicembre 2008 da Peter Debruge di Variety, che ha scoperto come la maggior parte tenga inconsapevolmente in mente un consiglio di Mark Twain: «scrivi gratuitamente fino a quando qualcuno non si offre di pagarti per scrivere. Se non trovi nessuno nel giro di tre anni, vuol dire che spaccare legna è il mestiere per te».

I giovani critici mettono la passione davanti ai soldi

Probabilmente questo non è il momento migliore per entrare nel mondo della critica cinematografica, ma non ditelo agli aspiranti critici. Anche se il numero di critici professionisti sta diminuendo giorno dopo giorno, i giovani stanno cercando di esprimere la propria passione con ogni mezzo possibile.

Keith Uhlich, 31 anni, gestisce un blog intitolato The House Next Door. Probabilmente nella sua Top Ten per il 2008 ci sarà Indiana Jones e il Regno del Teschio di Cristallo ma non Il Cavaliere Oscuro, che ha demolito in una critica lunga 1.500 parole all’inizio dell’anno. Come molti altri che contribuiscono al sito, Uhlich vorrebbe avere la possibilità di guadagnarsi da vivere recensendo film. «Voglio fare il critico cinematografico – dice – ma la cosa importante è che lo sono già. Un sacco di gente si fa problemi economici, e posso capirlo. Se pensi a questo lavoro come una professione retribuita, in questo momento non è proprio possibile».
Quando il sito è stato aperto i collaboratori erano pagati per ogni loro contributo, ma adesso lo fanno solo per il curriculum e l’esperienza. Alcuni – come il 22enne laureato della New York University Vadim Rizov e la 31enne Kristi Mitsuda – sono riusciti a trasformare il loro lavoro gratuito per il web in un impiego retribuito. «La critica cinematografica è decisamente una linea di confine – dice Mitsuda – Continuerò sempre a farlo, ma non è per nulla una cosa praticabile». Rizov scrive per il Village Voice, Sight & Sound e per il blog cinematografico di Nerve.com, sommando – come fanno praticamente tutti i giovani critici – alle sue entrate come free-lance un stipendio fisso (nel suo caso, quello di proiezionista all’università).
«L’anno scorso ho guadagnato poco più di 11.000 dollari – dichiara Rizov – Sono disposto ad andare avanti così per almeno altri cinque anni, ma se quando avrò 28 anni guadagnerò ancora solo 500 dollari al mese dalle miei critiche e vivrò ancora in questo schifo di appartamento, mi sa che dovrò arrendermi…» Nel frattempo, Rizov si sente estremamente fortunato a poter scrivere per testate così importanti alla sua età, anche se la costante diminuzione dello spazio a disposizione del settore può essere scoraggiante. «Penso che anche il peggior film meriti una recensione di almeno 200 parole», dice.
E questa è una delle ragioni per cui siti come House e Reverse Shot continuano a ricevere recensioni non retribuite dai loro giovani collaboratori, anche dopo che questi hanno ottenuti lavori più importanti. «Hai la libertà di dire tutto quello che vuoi – dice l’editor di Reverse Shot Michael Kiresky, 29 anni, a proposito della possibilità offerta dalla sua fanzine online – Non dobbiamo rispondere a nessuno se non a noi stessi. E per via di questa libertà, devi controllarti. In questo tipo di siti c’è sempre un sacco di diarrea verbale».
I collaboratori di Reverse Shot sono pagati quando le loro recensioni vengono pubblicate anche su IndieWire.com, ma per il resto sono liberi di scrivere di tutto ciò che vogliono. In alcuni casi, questo vuol dire analizzare vecchi film, in altri vuol dire esaminare le nuove uscite da diversi punti di vista (Le Voyage du Ballon Rouge, Racconto di Natale e Synecdoche, New York hanno guadagnato una pletora di recensioni, quest’anno).
D’altro canto, anche se la Rete ha dato a molti scrittori la possibilità di esprimere le proprie opinioni, gli editor dei blog devono anche essere pragmatici nel gestire il materiale per poter rimanere competitivi. «Su riviste come Cineaste e Filmmaker non si pongono il problema delle vendite della rivista quando decidono di scrivere di un determinato film. Fanno le cose in modo da dare una fotografia della cultura che hanno in mente. Invece, io devo pensare al numero di connessioni in ogni momento – dice la editor di spout.com Karina Longworth, 28 anni – E’ molto raro che la recensione di un film sia nella nostra Top Ten dei post più letti del mese o della settimana».
Longworth ha iniziato a recensire film quand’era all’Università. «In quel momento, nel 2004, di sicuro non pensavo di diventare un critico cinematografico per internet, ma d’altra parte ho più autonomia professionale di quanto la gente della mia età pensasse di poter avere qualche anno fa».

L’ex caporedattore cinema di Village Voice Dennis Lim – un altro caduto nella moria della carta stampata – insegna giornalismo culturale e critica all’Università di New York. «La mia impressione è che la maggior parte dei ragazzi che entrano nel settore non abbiano alcuna prospettiva di ottenere un lavoro fisso e ben pagato come critici. E non è qualcosa che avresti potuto dire 10 anni fa, o anche solo cinque». Il suo successore al Village Voice, il 34enne Nathan Lee, si è mantenuto scrivendo recensioni cinematografiche da quando aveva 27 anni, ma adesso ha deciso di lasciare da parte la critica.
«Non ho mai avuto una posizione professionale di quel genere, per cui non mi è mai sembrata come realistica – dice il 24 Eric Kohn, noto per aver recensito il quarto Indiana Jones in diretta da Cannes per IndieWire – L’unica cosa realistica, per me, è tirare avanti un lavoro alla volta, seguendo la filosofia del “non lavoro gratis”. Molti giovani scrittori accettano invece lavori non retribuiti pur di iniziare, fino a raggiungere il punto in cui devono farsi due conti e decidere se stanno guadagnando abbastanza per tirare avanti o lasciar perdere e mettersi a fare qualcos’altro.
«E’ difficile trovare la voglia di scrivere quando non si è pagati – dice il 28enne Nick Pinkerton, le cui recensioni per Reverse Shot gli hanno fatto guadagnare una collaborazione continuativa con Village Voice – Chi è che ha voglia di mettersi davanti al computer alle due del mattino per scrivere 800 parole su Step Brothers, gratis?»
«Anche con il mio blog personale, è difficile per me trovare le motivazioni – dice il 30enne collaboratore del Voice Aaron Hills – Prima di tutto devo trovare il modo di pagare le rate dell’American Express…»

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Commenti

4 risposte a: “I giovani, la passione e i soldi”

  1. spaceodissey ha scritto mercoledì 16 settembre 2009 12:43

    Ogni volta che entro in sala stampa a Venezia rimango stupito dalla quantità di persone che lavora e ovviamente non si sta certo parlando di “tutti i recensori del mondo”. E questo mi fa venire in mente due domande:
    1. Abbiamo davvero bisogno di tutti questi recensori?
    2. Quale preparazione e quali titoli hanno queste persone?

    Davvero ognuna di queste persone è in grado di esprimere una opinione diversa, originale ed interessante su un film? Non è che c’è troppa gente che è solo desiderosa di esprimere la propria opinione e buttarla su internet (o sulla carta stampata)? Non sono un capitalista convinto, ma credo che se c’è tanta gente che lavora gratis è perchè di quel prodotto c’è troppa offerta e troppa poca domdanda.

    E poi: da dove arriva tutta questa gente? Tutti dottori in cinema e affini? Basta una tesi su un regista per essere nominati d’ufficio critici cinematografici e avere la possibilità di dire le proprie opinioni?
    Infine, ricordiamocelo sempre (è stato detto anche su questo blog), per poter recensire un film occorrono ben 2 capacità (contrariamente alla maggior parte dei mestieri): la prima è ovviamente quella di capire il film (cosa molto più complessa di quello che potrebbe apparire) e la seconda è quella di saper scrivere.

  2. Alberto Cassani ha scritto giovedì 17 settembre 2009 19:27

    Mi sembra ovvio che la risposta è no. Non c’è così tanta richiesta da parte dei lettori da giustificare tutta questa gente che scrive di cinema. In un mercato in cui la terza rivista di cinema d’Italia non può permettersi di pagare i collaboratori, è ovvio che trovare lo spazio per fare della scrittura critica un lavoro vero e proprio è quasi impossibile. Però questo non vuol dire che non ci si debba provare, non si sa mai che prima o poi non capiti l’occasione buona. In fondo anche nel cinema succede la stessa cosa: vengono prodotti un sacco di film che nessuno va a vedere, e che nessuno andrebbe a vedere anche se fossero distribuiti meglio, eppure tutti ci provano.

    La preparazione dei critici è tutt’altro discorso. Purtroppo è vero che c’è la convinzione che basti una tesi o poco più per essere considerati dei critici, quando in realtà l’università può al massimo creare degli studiosi di cinema, degli storici, ma non dei critici. La cosa grave è che l’università non insegna la differenza…
    L’impressione, comunque, è che la maggior parte dei giovani critici non abbia fatto corsi di laurea sul cinema, ma semplicemente qualche esame e/o la tesi all’interno di un corso diverso; che sia mosso da passione più che conoscenza o che sia mosso dalla speranza di usare il cinema per arrivare a qualcosa di “più serio”.
    Io sono anni che dico che la critica cinematografica sul web italiano è di scarsissimo livello, e non mi sembra che le ultimissime leve possano farmi cambiare idea, né tantomeno che ci siano in giro delle grandi menti ancora in attesa di essere scoperte. Anche perché fino a quando l’approccio generale è “mi piace/non mi piace” invece di “vi può piacere/non vi può piacere” la loro critica non andrà mai da nessuna parte.

  3. LucaMarra ha scritto domenica 20 settembre 2009 17:19

    Sì, ma come si insegna la critica cinematografica?
    Ci sono corsi in Italia, utili sicuramente per darti strumenti, ma non per qualificarti come critico. Penso che per questa “qualifica” ci vogliano materie come “passione” “interesse nel cinema(anche teorico)” “interesse nel mondo” e cose che davvero nessuno può insegnarti ma solo suggerirti.

    Proprio ieri, ho avuto la gioia di ritirare il premio del pubblico per la recensione di Vincere, nell’ambito del Concorso “Scrivere di Cinema-Premio Alberto Farassino”, e li, a Pordenone, ho letto recensioni di liceali semplicemente bellissime. Eppure loro una tesi su Kubrick non l’hanno ancora fatta.
    Per questo è difficile il mestiere del critico, perchè non esistono dei parametri, titoli, per qualificarti in modo oggettivo. Ciò fa parte anche della grande libertà(nessun vincolo) che un critico deve avere per forza.
    E se c’è tanta gente in sala stampa e colpa anche di chi non li paga, e non mettendo un filtro, permette a tutti di scrivere e di affollare sale senza merito, proprio perchè tanto questa creatività agli editori non costa nulla.

    Alberto, grazie per la pubblicazione della mia tesi nella sezione ebook, sono molto contento!

    Saluti!

    Luca Marra

  4. Alberto Cassani ha scritto domenica 20 settembre 2009 19:32

    Prego Luca. Anzi, grazie a te per avermi concesso di pubblicarla. E complimenti per il premio.

    E’ vero quello che dici, che non c’è nessuno che può realmente insegnarti il mestiere del critico. Però ci sono ambiti e situazioni che ti possono indirizzare nella direzione giusta, e penso che in generale il semplice fatto di essere interessati a seguire corsi e/o ascoltare consigli sia già una dimostrazione di sufficiente passione nei confronti del mondo del cinema e della critica. Il problema cui facevo riferimento, però, è il fatto che nella maggior parte delle occasioni non c’è nessuno a indirizzare correttamente questa passione. All’università ti insegnano la storia del cinema, forse un minimo di storia della critica e zero tecnica, mentre per fare questo mestiere ci vogliono tutte e tre le cose (oltre alle tre che dicevi tu).
    Alle anteprime stampa milanesi vedo spesso studenti di scienze della comunicazione che per qualche motivo sono convinti (probabilmente perché sono stati convinti) di poter essere – o di essere già – dei critici cinematografici, convinti che questo sia un mestiere che si può imparare in aula. Invece bisogna impararlo “sul campo” (ossia in sala stampa, ma anche sul set), ed è questo che sarà l’ostacolo più difficile da superare per i liceali che hai letto: fare una recensione o un saggio è una cosa, fare una serie di recensioni che spieghino effettivamente il film ai lettori è tutt’altra cosa. Stare al passo con l’evoluzione del cinema, poi, è ancora più difficile.

    La questione vera e propria, però, è quando effettivamente ci si può ritenere dei critici a tutti gli effetti. E qui la giuria è ancora in camera di consiglio…

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