I have no mouth, and I must scream
Scritto da Alberto Cassani sabato 16 aprile 2011
Archiviato in Quelli che scrivono...
Nel numero di febbraio 2010, la rivista Esquire pubblicò un interessante articolo di Chris Jones su come Roger Ebert si era rimesso al lavoro dopo l’ennesima operazione dovuta al cancro alle ghiandole salivari cui era affetto. Al di là dello sguardo ravvicinato sul suo modo di lavorare e sull’amore che il critico del Chicago Sun-Times nutre per il cinema, forse la cosa che più colpì i lettori di Esquire era la fotografia a tutta pagina di Ebert provato completamente dell’osso mascellare. La foto è quella che trovate qui a fianco.
A causa delle operazioni subite, Ebert ha perso la capacità di mangiare e bere e – soprattutto, per uno che lavorava in televisione – di parlare. Nell’agosto del 2009 scrisse un post sul suo blog in cui raccontava la difficoltà di comunicare con gli altri senza poter parlare e l’impossibilità di partecipare a incontri pubblici e tavole rotonde, come anche i tentativi per trovare il modo di sfruttare le tante registrazioni della sua voce per creare una sintesi vocale realistica. Non solo, infatti, le voci sintetiche sono diversissime da quella che aveva, ma sono anche incapaci di dare l’intonazione voluta e quindi esprimere i sentimenti di chi sta “parlando”.
Il mese scorso Ebert ha partecipato a una conferenza per TED.com, un sito no profit che si propone di presentare incontri, discorsi e conferenze che possano stimolare la creatività degli spettatori in campi diversi, dal design alla scienza passando per lo spettacolo e la politica. Roger Ebert, con l’aiuto del sintetizzatore vocale del suo Mac e della voce di sua moglie e di due amici, ha raccontato cosa gli è successo e come ha reagito. Questi sono i 20 minuti di discorso che TED.com ha reso disponibili a tutti:
P.S. – Il titolo di questo post è scandalosamente rubato da quello pubblicato due giorni fa da Elvezio Sciallis sullo stesso argomento, a sua volta ovviamente mutuato dal racconto di Harlan Ellison Non ho bocca, e devo urlare.
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