La critica cinematografica online

E’ passata una vita dall’ultima volta che ho pubblicato sul Diario l’intervista fattami da uno studente universitario a proposito della situazione della critica cinematografica in Italia. Questo soprattutto perché, alla fin della fiera, le domande che si possono fare sull’argomento sono più o meno sempre le stesse e di conseguenza anche le risposte date dalla stessa persona finiscono per ripetersi. Il mese scorso, però, mi ha contattato Elisa Venanzi, studentessa di Arti e Scienze dello Spettacolo alla Sapienza di Roma per la sua tesi intitolata semplicemente La critica cinematografica online. Leggi tutto il post

La Rai, la Fiat e il risarcimento milionario

Caro direttore

Bene, adesso sappiamo che se il prodotto Fiat non vende bene è anche colpa di Annozero, di Formigli e della Rai, condannati dal Tribunale di Torino a pagare un risarcimento danni esemplare: 5 milioni di euro oltre rivalutazione monetaria dal dicembre 2010 ed interessi. L’oggetto del contendere è la valutazione di velocità di 3 modelli di automobili, uno dei quali Fiat che viene dalla stessa pubblicizzato con la frase born to race. Leggi tutto il post

L'assetato che beve la sabbia

Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) è noto al pubblico (anche grazie allo sceneggiato con Renato Rascel) soprattutto per essere il creatore di Padre Brown, un prete cattolico responsabile di una parrocchia londinese che nel corso di 52 racconti risolve misteri di ogni genere e affronta cattivi di ogni ordine e grado. Ma oltre ad essere un narratore, Chesterton è stato anche poeta, giornalista e saggista. Leggi tutto il post

Fenomenologia del critico

Critica viene dal greco krinó, che sta per separare, distinguere, giudicare. Secondo alcuni questo dovrebbe fare un critico, in particolare un critico cinematografico: entrare nel corpo del film, smembrarlo con gli strumenti affilati del mestiere, e dopo tanta fatica emettere la sentenza. Anzi, più che una sentenza – come tale aleatoria e appellabile – la recensione sarebbe una conclusione ultima, scientifica. Per altri, invece, tutto il lavorio critico non produrrebbe che consigli per gli acquisti, come l’ipocrisia televisiva chiama la pubblicità. Il recensore sarebbe un assaggiatore di film, cui ci si rivolge per la fama del suo palato. Alla fine, questo critico sarebbe la reincarnazione, meno simpatica, di quegli imbonitori che agli inizi del Novecento stavano davanti alle sale, e a gran voce decantavano le meraviglie che là si proiettavano. Leggi tutto il post

Eyes Wide Shut

Uno degli adagi più amati da quelli che si occupano di cinema vuole che le storie fossero state raccontate tutte già ai tempi di William Shakespeare, e che quindi il cinema moderno non possa far altro che rimasticarle e riproporre in nuova veste qualcosa che già conosciamo. Del mondo della critica cinematografica, in fondo, potremmo dire la stessa cosa: ogni tipo di approccio critico è già stato sperimentato, e ogni possibile stile di scrittura è già stato sfruttato. Eppure, ogni tanto, salta fuori qualcuno che suscita interesse ed entusiasmo tra i lettori per il modo di porsi (rispetto al cinema) e proporsi (di fronte ai lettori). In realtà si tratta quasi sempre di un semplice “flavor of the month”, che non aggiunge nulla all’universo della critica ma che ha il (non indifferente, ancorché spesso casaule) pregio di toccare un tasto cui in quello momento i lettori sono particolarmente sensibili. Tommy Edison è un’altra cosa. Leggi tutto il post

Ancora sul conflitto di interessi

Non si può certo far finta – peggio ancora illudersi – che con il recente cambio del Presidente del Consiglio sia scomparso il conflitto di interesse nel nostro paese. Anzi… Ma lasciando da parte la poltica e l’universo ad essa collegato, dei piccoli casi di conflitto di interesse nel mondo della critica cinematografica mi è già capitato di scrivere in passato. In uno dei commenti che fecero seguito a quel post, feci un esempio per far capire meglio quanto secondo me sia squalificante a livello di credibilità un certo tipo di comportamento che invece è evidentemente considerato lecito da molti colleghi. Scrissi infatti che se un critico fosse sposato con un’attrice, il suo direttore non gli permetterebbe mai di recensire i film la cui protagonista è sua moglie. A quanto pare ciò che io davo per scontato in realtà non lo era affatto, visto che un mese fa qualcuno ha pensato bene di far recensire un film da uno degli attori che vi hanno recitato. Leggi tutto il post

I critici, i giornalisti e gli ospiti

E’ ormai un po’ di tempo che i giornali italiani, soprattutto quotidiani, hanno preso l’abitudine di far recensire determinati film da personaggi pubblici – non necessariamente legati al mondo del giornalismo e mai legati a quello della critica cinematografica – che hanno un qualche legame particolare con l’argomento trattato dal film di cui si occupano. Questo perché agli occhi dei Direttori, il nome dell’articolista vale più del contenuto dell’articolo. E’ tutta pubblicità, insomma; marketing. Con tanti saluti all’informazione seria: fa nulla se facciamo un cattivo servizio al cinema e ancor peggio ai nostri lettori, l’importante è che le nostre pagine siano riempite da nomi importanti. Se lo fanno rimanendo legati alla sfera personale (“giustificando” così la specificità del loro articolo), meglio ancora. Leggi tutto il post

La scomparsa della critica

Esperto di mezzi di comunicazione di massa, Livio Balestri tiene sul sito del Guerin Sportivo una rubrica fissa – Telecommando – in cui racconta e analizza il modo in cui televisioni e giornali si sono occupati di sport nella settimana appena passata. In occasione degli Europei di basket appena conclusi si è lasciato andare a una disamina piuttosto amara e sopratuttto amareggiata sul modo in cui in Italia si scrive della nazionale. Non solo quella di pallacanestro ma anche quella di calcio. Ovviamente Balestri ha poi esteso il discorso a tutta la stampa sportiva, ma non è difficile capire quanto sia centrato anche se lo si traspone nell’ambito della critica cinematografica.

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Tre colori: rosso, blu e giallo

Adesso che il Festival di Venezia 2011 (e con esso probabilmente l’era Müller) sta arrivando a conclusione, si può cominciare a tirare le somme su alcuni aspetti della sua organizzazione. Quello che più interessa un blog come questo Diario è la gestione degli accrediti, in particolare quelli stampa. La questione è presto sintetizzata ma difficilmente comprensibile a chi non calpesta le strade del Lido in questo periodo dell’anno: per volere delle case di produzione e distribuzione, il direttore Marco Müller è stato costretto negli ultimi anni a organizzare due proiezioni al giorno dei film in concorso riservate esclusivamente ai giornalisti accreditati per i quotidiani (dotati di pass di colore rosso) e anticipate rispetto a quelle per gli altri accreditati stampa (divisi in pass blu e pass giallo). Quest’anno Müller ha deciso di eliminare questa separazione e riunire di nuovo tutti gli accreditati stampa nella stessa proiezione. Leggi tutto il post

Sottovalutare lo spettatore abituale

Ogni tanto mi capita, nello scrivere una recensione, di fare riferimento allo “spettatore abituale”. Molto più spesso mi capita di pensarci, mentre vedo un film o mentre rifletto su ciò che ho appena visto. Lo spettatore abituale, com’è ovvio dall’espressione, è una persona abituata a vedere film. Non necessariamente un cinefilo, magari qualcosa di simile a chi negli Stati Uniti viene definito semplicemente “moviegoer”, colui che va al cinema. In ogni caso, una persona abituata allo spettacolo cinematografico e di conseguenza al suo linguaggio e alle sue regole, pur senza realmente conoscerle nel dettaglio. Per dirla brutalmente, se anche non avessimo studiato a scuola la legge della gravità di Newton, sapremmo comunque che un oggetto lasciato cadere cade a terra invece che verso l’alto. Lo spettatore abituale sa, molto spesso, che se in un film succede una certa cosa è per quella determinata ragione, anche se quasi mai sa perché è così. Leggi tutto il post

Come si scrive un articolo di critica

Nel biennio 1994/95, la Annenberg Learner realizzò una lunga serie di interviste a un centinaio tra i migliori professionisti del giornalismo statunitense, producendo una serie di video dedicati agli studenti universitari e delle scuole superiori, ma adatti anche agli adulti che vogliono farsi una cultura sull’argomento. Lo scopo era di insegnare agli spettatori non tanto come funziona il mondo del giornalismo, quanto come si deve affrontare correttamente il lavoro di giornalista. Leggi tutto il post

I have no mouth, and I must scream

Nel numero di febbraio 2010, la rivista Esquire pubblicò un interessante articolo di Chris Jones su come Roger Ebert si era rimesso al lavoro dopo l’ennesima operazione dovuta al cancro alle ghiandole salivari cui era affetto. Al di là dello sguardo ravvicinato sul suo modo di lavorare e sull’amore che il critico del Chicago Sun-Times nutre per il cinema, forse la cosa che più colpì i lettori di Esquire era la fotografia a tutta pagina di Ebert provato completamente dell’osso mascellare. La foto è quella che trovate qui a fianco.

A causa delle operazioni subite, Ebert ha perso la capacità di mangiare e bere e – soprattutto, per uno che lavorava in televisione – di parlare. Leggi tutto il post

Prima regola: mai fidarsi

E’ ormai qualche anno che le testate più o meno giornalistiche e più o meno seriose hanno preso la malsana abitudine di inserire nella loro uscita del primo aprile delle notizie false, per fare uno scherzo ai lettori e giocare con loro. “Malsana” perché se non adeguatamente pubblicizzata come scherzo, la notizia rischia di essere presa sul serio. Leggi tutto il post

L’indipendente

Da Signore e Signori di Pietro Germi (1966).

Sugli editori a pagamento

Come aveva ben spiegato Mark Twain, ci sono molti motivi per cui i giovani faticano a trovare spazio nel mondo dell’editoria, non solo in quello della critica cinematografica. In questi ultimi anni, uno spazio alternativo di espressione è stato offerto dagli editori a pagamento e da quelli on-demand. Per quanto si tratti di due tipi di editori abbastanza diversi come impostazione (i primi guadagnano grazie all’autore, i secondi grazie alle vendite), hanno molti punti in comune. E presentano praticamente gli stessi pericoli per gli autori inesperti.

Per quanto siano una risorsa che molto raramente può interessare chi si occupa di critica cinematografica, vale comunque la pena di affrontare l’argomento perché può ugualmente offrire spunti interessanti per capire meglio in che tipo di situazione si può venire a trovare l’esordiente che si affaccia nel mondo dell’editoria. E’ un argomento di cui a dir la verità si è parlato spesso un po’ dappertutto, nell’ultimo paio d’anni. Per affrontarlo ho deciso di riprendere un post che Elvezio Sciallis ha pubblicato nel suo bel blog, Malpertuis, verso la metà di ottobre 2010, raccontando la sua personale esperienza con gli editori a pagamento in modo da dare alcuni preziosissimi consigli a chi affronta l’ambiente per la prima volta. Leggi tutto il post

Decalogo (doppio) per giovani critici

Non sono pochi i giovani, studenti o laureati, che in questi anni mi hanno rivolto la domanda: come si diventa critici di cinema? Mi venne in mente così – un po’ sul serio, un po’ per scherzo – di buttar giù un decalogo per giovani critici. Poiché il dieci non mi bastava, ho raddoppiato.

  1. Leggere. Di tutto: romanzi, saggi, biografie, giornali, riviste. E libri sul cinema. Leggi tutto il post

Pochi ci seguono, alcuni ci controllano

Scrivendo di cinema soprattutto su internet, alle volte mi chiedo quanti lettori io davvero abbia. Che tipo di lettori abbia. E quanto io possa davvero influenzare le loro abitudini cinematografiche, quanta considerazione io abbia ai loro occhi. Il mio amico Mattia Nicoletti ama ripetere «nel mio piccolo, quando scrivo una recensione sposto dei soldi.» Ma lui scrive su Metro, per cui avendo un pubblico molto più vasto è più facile che trovi qualcuno che si lascia davvero guidare dalle sue recensioni. Su internet, invece, la maggior parte dei lettori sono occasionali, e nella maggior parte delle occasioni visitano un sito di cinema dopo aver visto un film, per cercare conferma delle proprie impressioni o chiavi di lettura diverse rispetto a quelle trovate autonomamente. Detto in soldoni, sono convinto che la capacità della critica on-line di influenzare il pubblico sia nulla. Tutta la critica on-line, non sono quella di CineFile. E anche quella cartacea, ormai, ha perso quasi totalmente questa sua capacità, sepolta da montagne di articoli di costume, editoriali pubblicitari mascherati più o meno bene e quintali di recensione buoniste. Eppure, non tutti la pensano così, soprattutto  all’interno dell’industria cinematografica italiana.

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Nuovo indirizzo del blog

Cari amici, approfittando delle festività natalizie ho spostato il blog a un indirizzo diverso, http://diario.cinefile.biz, che mi permetterà di gestirlo più facilmente e farà anche da apripista a un nuovissimo progetto di CineFile che partirà entro poche settimane e di cui non voglio ancora anticiparvi nulla.

Allo stesso modo, cambia anche l’indirizzo del feed RSS, che diventa http://diario.cinefile.biz/?feed=rss2. Tutto il resto rimane immutato, tranne la frequenza di inserimento dei nuovi post, che col nuovo anno tornerà a farsi più regolare.

A prestissimo!

Il paradosso di Costanzo

Non sempre critica e pubblico vanno d’accordo. Anzi, a dir la verità capita quasi sempre che i film adorati dalla critica siano snobbati dal pubblico, mentre i più grandi campioni d’incasso siano poco considerati da chi scrive di cinema. I motivi possono essere i più diversi, ma i più facili da indicare sono la differente funzione che le due categorie danno al cinema e l’enorme differenza antropologica di chi queste due categorie le compone. Ma in generale, è stato detto tutto e il contrario di tutto per spiegare questa distanza, per giustificare il flop di film cullati da certi critici o il successo per la critica incomprensibile di certi giocattoloni senz’anima. Una cosa come quella che mi è capitato di leggere su Ciak di ottobre 2010, però, non m’era mai capitato di leggerla. Leggi tutto il post

Cinque cose da evitare se volete scrivere una fiction sorprendente

Nel suo blog tra le pagine del sito del Sole 24ore, il romanziere Sandrone Dazieri scrive un po’ di tutto. Dopo la recente visione del pilot del telefilm The Event, ma con nella mente anche le brutture degli orrendi FlashForward e Persons Unknonw (lui cita anche Happy Town, ma io non l’ho mai visto), lo scrittore cremonese stende queste cinque regolette semiserie sulle cose da evitare per scrivere una racconto di televisione seriale sorprendente. Regolette semiserie ma che in realtà sarebbe bene tenere in considerazione. Invece, alle volte pare che gli autori si impegnino per fare proprio l’esatto contrario…

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